La convivenza di fatto è quell’istituto che riguarda tutte le coppie di stesso o diverso sesso che, pur non avendo intenzione di contrarre matrimonio o di unirsi civilmente, desiderano formalizzare la propria convivenza.
Si formalizza senza alcuna particolare cerimonia, è infatti necessaria unicamente una dichiarazione all’Anagrafe del Comune di residenza con la quale i componenti della coppia dichiarano:
- di essere uniti da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale;
- di non avere vincoli di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile fra loro o con altre persone;
- di coabitare nella stessa casa.
Dalla convivenza deriva il diritto e dovere tra le due parti di assistenza morale e materiale nonché il diritto del convivente, che presta stabilmente la propria opera nell’impresa del partner, a vedersi riconosciuta una partecipazione agli utili, ai beni con essi acquistati e agli incrementi dell’azienda in misura proporzionale al lavoro prestato. Ciascun convivente poi, può designare l’altro, con atto scritto e sottoscritto personalmente, suo rappresentante affinché in caso di malattia il designato possa prendere decisioni che riguardano la salute ed in caso di morte le decisioni sulla donazione degli organi, le modalità di trattamento del corpo e la celebrazione della cerimonia funebre.
Per quanto riguarda poi il regime patrimoniale, a differenza del matrimonio, i conviventi di fatto, per poter scegliere il regime della comunione dei beni, devono necessariamente stipulare un contratto di convivenza, ossia un atto pubblico notarile o una scrittura privata autenticata, nella quale, oltre all’indicazione del regime patrimoniale, potranno essere indicate le previsioni circa la residenza della famiglia, le modalità con le quali ciascuna parte contribuisce alla stessa nonché le disposizioni da rispettare in caso di scioglimento della convivenza.
In tema di successioni è importante evidenziare che il convivente di fatto non rientra tra tra gli eredi legittimari, ossia tra quelli a cui la legge riserva una quota minima sul patrimonio del defunto. Per permettere che il proprio convivente succeda è necessario redigere testamento e istituirlo erede o legatario. La legge 76/2016, tuttavia, ha previsto una tutela per i conviventi riguardo la casa adibita a residenza familiare, garantendo al convivente superstite la possibilità di continuare ad abitarci per 2 anni o per un periodo uguale alla durata della convivenza se superiore a 2 anni ma in ogni caso mai più di 5 anni. Nel caso in cui con il convivente superstite convivano figli minori o disabili, questi possono rimanerci per altri 3 anni. Infine, nel caso di contratto di locazione, il convivente in vita succede al contratto stipulato dal de cuius.
In merito allo scioglimento della convivenza, questa si scioglie automaticamente in caso di matrimonio o unione civile, o d’ufficio quando si riscontra che è cessata la coabitazione dei componenti, ovvero quando risulta che uno o entrambi hanno cambiato la residenza, ovvero su istanza anche disgiunta se viene meno il legame affettivo.